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Stipendi giusti agli insegnanti

Talvolta mi capita di leggere articoli che avrei voluto scrivere io, esattamente con quelle parole, sviluppando i medesimi ragionamenti. Oggi mi è capitato con questo articolo di Pietro Citati su Repubblica. Raddoppiare lo stipendio agli insegnanti, raddoppiarlo per davvero per poi accrescerlo ulteriormente. Un governo, qualunque esso sia, che decidesse di percorrere questa strada passerebbe dalle ciance ai fatti l'intenzione di pensare al futuro di questa nostra nazione.

Pensare alla scuola è pensare ai giovani, è pensare al risanamento, alla sicurezza, al patto fra generazioni, a tutto insomma. Non esiste alcuna possibilità di ottenere risultati evolutivi trascurando o snobbando la scuola. E, soprattutto, l'attenzione deve essere posta alla scuola primaria e secondaria perché è lì, non all'università, che si forma l'individuo, lo si trapianta dal giardino famigliare a quello della più ampia società.

Un tempo, come giustamente osserva Citati, ogni figura sociale possedeva il senso del "ruolo sociale", ruolo che gli veniva riconosciuto dall'intera società. L'insegnante era ritenuto il mentore educativo e formativo delle giovani generazioni e, proseguendo da quell'assioma che sosteneva non ci potesse essere educazione senza autorità, era investito di piena autorità. L'essere destinato a vivere di risorse modeste - in un paese dove l'analfabetismo è storia di pochi anni fa' è normale ritenere l'insegnante meno prestigioso di un avvocato - era per l'insegnante un contesto ambientale ineluttabile, tuttavia il ruolo sociale quasi messianico, per la maggior parte, compensava la scarsa soddisfazione economica.

Poi, progressivamente, agli insegnanti è stata rosicchiata quasi del tutto quell'autorità che costituiva l'elemento propulsivo dell'opera formativa ed educativa. La scuola è diventata una collezione di frequentazioni dominate da equilibri impari, studenti genitori e società contro i professori. Lo stipendio dei docenti è rimasto miserabile e la loro autorità annientata.

Più soldi nelle tasche dei professori non sono la soluzione immediata a tutti i problemi della scuola ma senza di essi è impossibile reinvestire di autorità un corpo insegnate demotivato e poco aggiornato, con le dovute eccezioni.
Non è pensabile stabilire dei criteri meritocratici se al merito non corrisponde, nella società odierna piantata sul rapporto lavoro-danaro, un riconoscimento economico adeguato.

Non è possibile che un insegnante debba rispondere del suo operato direttamente al magistrato e non al suo preside o ai superiori. Non è possibile che azioni di dissuasione o semplicemente educativi più o meno esemplari, debbano essere immediatamente rubricate come atti di violenza o peggio.

Qualche giorno fa una notizia raccontava della vicenda di una ragazza che è stata semplicemente perquisita (con più riguardo di come fanno negli aeroporti in stato d'allerta) durante un esame, al fine di scongiurare il sospetto che portasse un telefonino capace di aiutarla nell'esame. La perquisizione è avvenuta da parte di due insegnanti donne in un luogo riservato e con la massima cautela.

Il padre della ragazza (sedicente insegnante) ha denunciato l'accaduto ad una specie di sindacato degli insegnanti, il quale invece che difendere l'operato del preside che ha disposto la perquisizione, ha denunciato al magistrato l'accaduto.

A che serve una norma ministeriale che vieta i telefonini se il preside non può disporre una perquisizione? Forse il padre di quella ragazza è uno di quegli insegnanti che quando vedono qualcosa che non va girano la testa dall'altra parte. Ebbene, insegnanti di quel tipo meritano stipendi da fame.
A chi invece pulsa nel sangue l'amore per il ruolo educativo e formativo che hanno, a loro è dovuto un riconoscimento.

Poi si potrà ricominciare a discutere di riforma della scuola.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
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