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Il Futuro: le Relazioni umane

H.Cartier-BressonFotografia di H.Cartier-Bresson
Forse non sempre ce ne rendiamo conto ma il fulcro attorno al quale ruota l'esistenza umana sta nella capacità di relazionarsi, di comunicare, di far passare il proprio pensiero così come vive dentro di noi, e nel contempo comprendere quale sia il vero pensare altrui.

I bambini iniziano a sentire le piccole difficoltà del vivere quando perdono la sicurezza di essere compresi dai genitori. La difficoltà relazionale "principe" è il pensare che gli altri o semplicemente l'altro non ci comprenda. E' qui che nascono i problemi di relazione, le sensazioni di solitudine, alcuni disagi e persino molte depressioni. Agli umani non manca la capacità intrinseca di socializzare e di vivere in società; non mancano nemmeno i linguaggi per comunicare, con la parola, con i gesti, gli sguardi, le posture. Tutto ciò però si impiglia nel decodificatore che ogni singola persona ha incorporato nel proprio io. E nei mezzi di comunicazione che ci stanno imponendo modelli su cui riflettere.

Le relazioni umane sono il centro di tutto. L'essenza ultima di ogni ansia umana finisce sempre col manifestarsi come un problema di relazione: con i genitori, con i figli, con i colleghi, con gli amici, con il partner, con i vicini, i concittadini, le diverse culture, etnie e via dicendo. Comincio a pensare che la risoluzione di alcuni conflitti che appaiono ormai senza via d'uscita dovrà un giorno passare da un'analisi della capacità relazionale che hanno le persone, a livello di singolo, di comunità, di etnia o di popolo. Non può esserci compromesso possibile laddove persone non vogliono categoricamente relazionarsi: non è percorribile alcuna strada diplomatica se non quella di cercare in qualche maniera di ricostruire una linea relazionale.

Per questo io sono sostanzialmente contro ogni tipo di pregiudizio verso chiunque. La base per comprendere l'altro è sempre la relazione, il parlarsi, il comunicare. Nella chiusura a priori non può evolvere nulla se non l'esasperazione delle inconciliabilità, che alla fine si alimentano di loro stesse.

Lasciando i massimi sistemi e osservando il nostro piccolo mondo che ci circonda, la capacità di relazionarsi assume un'importanza cruciale nella qualità della nostra vita. Una linea di pensiero affermatasi da qualche decennio, ha imposto il modello dell'autostima come la risoluzione della maggior parte dei crucci esistenziali. Per una serie di ragioni l'iniziazione all'autostima è stata fondamentale per alcune persone: penso alle donne che attraverso il riposizionamento del loro ruolo allo stesso livello del maschio hanno smascherato secoli di predominio maschilista, ipocrita quanto nefasto. Ma penso anche ai giovani che dal '68 in poi hanno, a fatica, comunicato al mondo che c'erano, sebbene poi ancora oggi il potere sia in mano ad una gerontocrazia per lo più inetta.

Potrei fare riferimento anche alle conquiste sindacali e ad altro ancora. Ma c'è un'altra faccia della medaglia. Il culto un po' narcisista dell'autostima ha creato fratture relazionali fra chi riesce a stimarsi davvero e chi invece, per un mucchio di motivi che nulla hanno a che vedere con il potenziale della persona, non ci riesce. Il sicuro di se', il brillante ha buon gioco nelle relazioni spicce (meno su quelle e medio/lungo termine), mentre il timido, l'umile, l'introverso si richiude in una solitudine che si autorigenera continuamente.

Tutto ciò è sempre accaduto ma oggi ha un effetto deflagrante per il tipo di comunicazione che si sta affermando sempre più giorno per giorno: la comunicazione liquida, volatile, che si compone di piccole frasi e pochi ragionamenti, che si esprime via Sms o attraverso alcuni strumenti controversi tipo facebook. Il tutto si mescola fra quantità e masse minuscole. La selezione è esercitata senza scrupoli, con dinamiche che solo vent'anni fa erano inconcepibili.

Il telefono. Io sono nato in un'epoca dove il telefono suonava e uno per sapere chi stava dietro doveva alzare la cornetta e rispondere. Se c'eri bene; se non c'eri non rispondevi, se non volevi rispondere potevi farlo ma ti rimaneva il dubbio di chi ci fosse dalla parte di la' della cornetta.
Oggi invece si può vedere chi ti chiama e non rispondere. Sembra una faccenda da nulla ma è un modo di fare che spezza in maniera drastica il modello relazionale del "cercarsi". Le relazioni non comportano infatti il solo parlarsi ma nascono prima, nel cercarsi, nel ricordarsi di una persona, sia per un bisogno, sia per affetto, sia per il semplice sentire quella persona.

La selezione che i nuovi media comunicazionali consentono soffoca invece alla fonte la possibilità di parlare, di ascoltare e farsi ascoltare, di spiegarsi. Alcune teorie un po' "snob" e vecchiotte, continuano a dire che la comunicazione oggi può contare su centinaia di canali, e perciò e molto facilitata. Anch'io la pensavo così fino ad un po' di tempo fa'. Oggi invece mi chiedo se la quantità dei canali corrisponda davvero ad un miglioramento delle relazioni umane. Invece gioca un ruolo importante anche la qualità dei media, e su questo punto si sta progredendo verso una via che a me francamente preoccupa.

Ho paura che il relazionarsi si stia facendo sempre più a misura di "software" e sempre meno a misura d'uomo. Io per esempio non amo facebook e lo frequento poco, e mi spiace per i tanti amici che invece mi onorano con la loro proposta d'amicizia. Sembra di viaggiare fra tonnellate di titoli di giornale, ognuno con la propria testata e i propri titoletti. Niente di davvero interessante. Ma questa è una mia opinione.
Ciò che volevo dire è che c'è una mutazione delle relazioni umane che si sta sempre più codificando in "icone", frasi isolate, a me piace questo, a te quest'altro. Chi ha buon gioco è la persona estroversa, che si stima, che riesce a dominare più comunicazioni contemporaneamente e nella massa produce molte microrelazioni . Chi invece è di indole più riflessiva, meno esplosiva soccombe e rinuncia ripegandosi su un disagio che forse, invece, è esattamente il contrario.

Le relazioni umane dovrebbero invece col tempo recuperare una sostanza fatta di pensiero e non solo di contatti. Relazionarsi è il grande ed unico scopo che ha l'uomo nel vivere: confrontarsi, vivere in società, collaborare, costruire amicizie, conoscenze, amori; tutto è condizionato dalla potenzialità e dalla capacità di relazionarsi.

Un bel futuro non può prescindere da un buon relazionarsi. Tornerò ancora sull'argomento.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.