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Il Copyright e l'autore

Il Copyright, o diritto d'autore, é il tema del giorno. Il Parlamento europeo ha approvato un percorso che porterà a modificare radicalmente o in parte il rapporto fra gli utilizzatori dei prodotti intellettuali e i loro creatori. Come si svilupperà la riforma sul Copyright alla fine di questo percorso é prematuro dirlo, ma certamente si sta assestando la consapevolezza che i colossi mediatici, online e on-line, non posso costruire le loro fortune utilizzando gratuitamente il lavoro degli autori.

Voglio subito affermare un principio: nella filiera del prodotto culturale, dalla sua creazione fino all'utilizzatore finale, i soggetti che si ritagliano occasioni di guadagno si moltiplicano. La questione perciò non riguarda soltanto il rapporto fra autori e aziende multimediali. In mezzo a questa filiera ci sono altri soggetti come i distributori, le agenzie, gli editori, gli aggregatori di notizie, e molti altre figure che guadagnano spesso in maniera cospicua a discapito principalmente degli autori.

Il diritto d'autore e la musica

Gremus si occupa da sempre di musica. E' del Copyright musicale che vorrei parlare anche perché è stato tema di discussione in altri posi su questo sito. La musica ha sofferto e soffre in maniera incredibile l'utilizzo gratuito che se ne é fatto online per molti anni. Fino a qualche tempo fa sembrava che la musica libera gratuita in rete fosse una regola, ovvero che ognuno potesse scaricarsi attraverso il "peer to peer" o attraverso sistemi addirittura quasi legittimi tutta la musica che volesse. Poi qualche anno fa hanno preso sempre più corpo  i sistemi di "streaming" come Deezer o Spotify dai quali si può ascoltare musica pagando un canone mensile molto basso ( spesso anche gratuito) riconoscendo agli autori delle percentuali risicatissime.

La direttiva sul diritto d autore in discussione al Parlamento Europeo non risolve questo problema perché non stabilisce quanto si debbano pagare i diritti all'autore; stabilisce soltanto che l'azienda multimediale (televisioni Facebook e giganti del web) che utilizza musica e altre forme di attività coperti da copyright sui propri palinsesti debba pagare una "link tax" all'editore e solo indirettamente all'autore.

Link Tax

Supponiamo che io affidi una mia opera ad un editore e supponiamo che questo editore, come avviene ormai sempre di più, decida di farne principalmente un'edizione digitale cioè on-line. Se avviene che l'azienda multimediale utilizzi stralci della mia opera per inserirla nei suoi palinsesti dovrà pagare, per effetto di questa legge, una percentuale all'editore e solo una parte di questa percentuale verrà poi riconosciuta all'autore. Vi pare che ci sia davvero un interesse a tutelare il lavoro dell'autore?

Le nuove regole dicono ben poco degli autori e ancora una volta la Commissione Europea ragiona come se l'autore fosse uno strumento di una diatriba fra le aziende multimediali, aziende mediatiche ed editori. Gli autori sono come sempre lasciati un po' fuori.

Autoprodursi

Nel mondo musicale, ad esempio, moltissimi autori hanno deciso di auto-prodursi e questo perché le aziende editoriali non riconoscono sufficienti royalties al lavoro dell'autore. Gli autori fanno questo sopportando costi, impegni, investimenti non indifferenti. Devono poi occuparsi in proprio di costruire le strategia di promozione, di diffusione del brand e di tutto ciò che prima facevano gli editori. Verrebbe da chiedersi pertanto: perché non lo lasciano fare agli editori? La risposta é che gli editori poi fanno letteralmente ciò che vogliono, pagano gli autori delle briciole e vendono poi i diritti sulle opere di questi autori ai grandi colossi (oppure talvolta li regalano pure, come avviene spesso per Google Books). E' chiaro che l'autore decida di tutelarsi e di fare da se.

E gli autori?

Queste nuove regole cambierebbero qualcosa a favore degli autori? Attendersi un cambiamento affinché l'autore possa vivere di ciò che produce è un'attesa per la quale dovremo aspettare ancora molti anni.

Ad esempio tutti i servizi di streaming sono fantastici e tutti noi gli utilizziamo; io non potrei farne a meno e ascolto attraverso Spotify o Deezer o Amazon Prime o abbonamenti a YouTube, tuttavia nessuno di questi servizi è in grado di ripagare adeguatamente il lavoro degli autori, e io, purtroppo, ne sono consapevole. E' per questo che spesso compro ancora i CD. 

Moltissime aziende della ristorazione e simili, in tutto il mondo, mettono come sottofondo alcuni canali radiofonici o in streaming senza pagare un centesimo di diritti d'autore. Cambierà qualcosa con queste nuove normative?

Le aziende culturali

Questo è un grave danno all'azienda culturale perché l'azienda culturale non funziona sulla potenzialità dell'editore o dell'azienda che trasmette questi contenuti. La cultura non la fanno i giornali non la fanno le televisioni, non la fa Facebook, non la fa Google, non la fanno i grandi sistemi mediatici. La cultura viene retta dagli autori, persone che cercano di interpretare il mondo che scrutano, ragionando in autonomia quando è possibile o comunque basandosi su una conoscenza fondata e approfondita. Le idee sono degli autori!

L'idea che un giornale possa di per se stesso essere un polo culturale credo sia un'idea non corretta. Sono i giornalisti che scrivono sul giornale a costituire il polo culturale; eventualmente la può disegnare una linea editoriale. Ma se il giornale non paga i propri giornalisti cade completamente qualunque tipo di ragionamento sul diritto d'autore e sulla cultura che questo giornale propone. E' una cultura di sfruttamento e basta.

Ci sono decine di testate giornalistiche televisive e on-line che non pagano i loro giornalisti, non pagano i loro autori oppure li pagano in maniera assolutamente insufficiente. Ebbene tutti questi non stanno facendo cultura in questo paese? Stanno facendo i loro interessi economici e tutti questi hanno ben poco a che fare con la legge sul copyright.

La legge sul copyright dovrebbe preoccuparsi degli autori, di quello che guadagnano gli autori,  del loro benessere, senza preoccuparsi invece dei guadagni di tutta la filiera che sta in mezzo, degli editori e distributori, degli organizzatori dei manager delle agenzie e via dicendo. Anche loro devono guadagnare, certamente, ma non a scapito degli autori.

Una legge sul Copyright che non si preoccupa degli autori è una legge falsa, è una legge ridicola, è una legge che ancora una volta cerca di preoccuparsi dei principali portatori di interesse cioè aziende multimediali editori ed agenzie.

È per questo che questa legge a me personalmente interessa in maniera minima. Non è una legge che cambia il destino degli autori, non è una legge in grado di cambiare il modo con cui viene percepito il lavoro dell'autore nel mondo intero.

 

Io mi auguro comunque che a partire da questa legge, che spero sia approvata nella maniera più completa possibile, ci sia un movimento per risalire poi la corrente e arrivare a riconoscere agli autori ciò di cui davvero hanno bisogno: il vero riconoscimento del loro lavoro.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.