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Tecnica del pianoforte: le scale. Intervista a Lucio Bonardi

Inizia una serie di interviste al pianista Lucio Bonardi sulla tecnica fondamentale del pianoforte. Questo articolo è dedicato alle famigerate scale, cioè a quell'andare su e giù per la tastiera che è un po' il "saluto al sole" di ogni pianista.

All'inizio del loro corso di studi i pianisti spesso non sono consapevoli dell'importanza dello studio delle scale. Eppure se non è certo che il loro studio non garantisca di trasformarsi in una star del pianoforte, è invece sicuro che il tralasciare l'apprendimento della tecnica fondamentale è un pesante deterrente sulla possibilità di superare anche le prime serie difficoltà del repertorio pianistico. E dirò di più: anche per il semplice dilettante dedicare i primi dieci minuti allo studio delle scale può essere una buona pratica.

Maestro Lucio Bonardi, allora le scale sono davvero importanti?

Certamente sì, senza tuttavia fare un feticcio delle scale e dello studio di tutta la tecnica in generale. Le vecchie scuole dicevano – se disponi di poco tempo per studiare fai solo scale, arpeggi e tecnica.
In realtà se hai poco tempo è bene suddividerlo comunque: un po' di tecnica e poi la musica; mai dimenticare che la tecnica è serva del far musica e non viceversa.

Vuoi dire che quei pianisti che tutti i giorni si passano l'Hanon da capo a fondo si perdono un po' in tecnicismi inutili?

Io l'Hanon non lo uso più da anni. Innanzi tutto perché bisognerebbe eseguirlo trasportando tutte le prime parti (escluse le scale e gli arpeggi) in tutte le tonalità. E' un manuale per dominare perfettamente la tecnica in Do maggiore. E tutto il resto? Le scale e gli arpeggi poi si studiano a memoria; leggerle non ha senso. Io conosco alcuni pianisti (pochi a dire il vero) che tutti i giorni passano davanti all'Hanon. Li guardi in faccia e ti accorgi che pensano ad altro. Si fanno un'ora di saliscendi e sono tranquilli con la coscienza. Ma lo studio è altra cosa.

Torniamo alle scale. Quelle vanno esercitate tutti i giorni?

Sì ma con intelligenza e concentrazione. Io di solito mi dedico quotidianamente a scale ed arpeggi ma ripassandone due, massimo tre al giorno. Ogni scala la studio con moti diversi (parallelo, contrario), ad intervalli diversi fra le due mani, con ritmi diversi, persino con velocità e sonorità diverse. C'è chi pensa che più veloce si esegue una scala e più la tecnica se ne avvantaggia. Provate a fare una scala qualunque lentissima in pianissimo cercando di uniformare la sonorità lungo tutti i registri!

Per uno studente che inizia gli studi è opportuno dedicarsi subito alle scale.

Assolutamente no! Innanzi tutto è importante impostare correttamente le mani sulla tastiera. La prima fase dello studio viene definita "impostazione delle cinque dita senza il passaggio del pollice". In questa fase l'allievo impara a muovere le dita sulla tastiera senza che il pollice debba mai fare il movimento di passare sotto le altre dita per raggiungere un tasto. In pratica in questa fase la scala può estendersi solo per cinque note al massimo. Il passaggio del pollice è invece fondamentale per le scale che, come minimo, si estendono per otto note consecutive.
Inoltre è opportuno che l'allievo ottenga un minimo di indipendenza delle mani. Per alcuni questo risulta psicologicamente un traguardo elevatissimo. In realtà con due o tre mesi di studio condotto correttamente l'indipendenza necessaria per affrontare le scale è alla portata di tutti.

Poi si parte con le scale.

Si, gradualmente, prima rigorosamente a mani separate e su di unica ottava; poi a mani unite ed infine su due, tre e quattro ottave. A dire il vero io, insegnando, passo direttamente dalla scala a mani unite su di una ottava a quella a quattro ottave. Ma si può anche seguire la prassi più progressiva. Dipende anche dall'allievo e dalla sua ricettività.

Leggendole o subito a memoria

All'inizio bisogna leggerle anche per apprendere la diteggiatura più corretta. Poi, progressivamente, è bene impararle a memoria. Non è difficile; diciamo che la memorizzazione avviene quasi automaticamente.

Consigli un testo particolare per apprendere le scale?

Permettimi di offrire ai lettori di Gremus qualcosa di più che una semplice indicazione. Sto terminando una mia guida allo studio delle scale che vorrei mettere a disposizione del pubblico attraverso Gremus. Sarà pronta per i primi giorni di settembre.

Gremus e i suoi lettori non possono che essere contenti di questa tua offerta. Appena sarà pronta la pubblicheremo.
Da quali scale cominciare: va bene la classica Do maggiore.

Si parte sempre da Do maggiore perché visivamente è la più semplice. In realtà tecnicamente è la più difficile perché impegna le dita in articolazioni più ampie rispetto alle scale con molti tasti neri.
Io insegno ai miei allievi prima tutte le scale maggiori (escluse le omologhe cioè quelle che pur avendo nomi delle note diverse sono identiche) per moto retto.
Dopo questa fase, che può essere variamente lunga (la fretta è inutile) insegno le relative minori, armoniche e melodiche.

Forse i lettori non sanno ancora bene cosa significhi "scale omologhe, maggiori, minori, armoniche e melodiche". Gremus, sin dai primi di settembre riprenderà le sue lezioni di teoria e solfeggio e ripartirà proprio dalla costruzione delle scale.
Come funzione l'apprendimento: si aggiunge una scala dopo l'altra o si studiano tutte insieme.

Rigorosamente una dopo l'altra. Se ne studia una nuova e se ne ripassa qualcuna di quelle già studiate. E' compito del maestro creare un ordine sistematico di studio e ripasso secondo le difficoltà di ogni singolo allievo.

E per gli autodidatti?

Agli autodidatti consiglio la pazienza e la lentezza. All'inizio non serve ripassare più di due o tre scale al giorno, e tantomeno impararne più di una alla volta. Le scale vanno però ripassate periodicamente tutte, anche quelle che vengono apparentemente benissimo. Se in una settimana o una decina di giorni uno riesce a ripassare tutte le scale il ritmo di studio può dare buoni risultati.

Quando si sono apprese tutte le scale maggiori e minori per moto retto?

Si studiano per moto contrario ma a questo punto si passa ad uno studio tecnico più avanzato. Dipende perciò dagli obbiettivi che si pone ogni singolo pianista. Se ci si vuole semplicemente divertire non è così indispensabile affrontare la tecnica più avanzata. Se invece si vuole seguire un corso di studi regolare o si hanno ambizioni serie (a prescindere dal genere musicale) allora bisogna affrontare anche le fasi successive dello studio tecnico.

E gli arpeggi?

Gli arpeggi fanno parte della tecnica primaria di un pianista per cui vanno studiati, e dirò pure che sono assai utili, almeno quanto le scale. Io insegno la tecnica degli arpeggi dopo che l'allievo ha affrontato tutte le scale, o almeno la maggior parte di esse. Sugli arpeggi ci sono diverse cose da dire...

E allora dedicheremo agli arpeggi il prossimo articolo.

Un'ultima domanda prima di terminare: e il metronomo?

Il metronomo è il compagno di studi fondamentale per acquisire una tecnica ferma e corretta. Il metronomo non è però il coach per battere record di velocità. All'inizio il metronomo batte il tempo di ogni singola nota della scala, perciò si viaggia a velocità lentissime. Poi, col tempo e con l'esercizio, il metronomo comincerà a battere gli ottavi. Quando le scale si sapranno dominare tutte con facilità (ci vuole qualche anno) allora si potrà passare ai sedicesimi.

Non mi resta che ringraziare il maestro Lucio Bonardi dandogli appuntamento alla prossima settimana per parlarci di Arpeggi.

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